La matta di Piazza Giudia di Gaetano Petraglia

Un’indagine storica che si legge come un romanzo e la protagonista è una certa Elena di Porto. Questo nome non dice nulla, non lo abbiamo letto nei libri, non ci sono film su di lei e nemmeno canzoni. Pur non essendo nel circolo degli eroi, in qualche modo possiamo definire Elena di Porto, donna ebrea vissuta all’interno delle due più grandi tragedie militari del Novecento, ovvero la prima e la seconda guerra mondiale, una donna simbolo di coraggio e di valore.

Elena di Porto faceva parte della Comunità ebraica di Roma e viveva nel quartiere ebraico, cercando di sbarcare il lunario come poteva. Elena aveva un carattere particolare: ribelle al potere, non sopportava i soprusi delle milizie fasciste e nemmeno coloro che la giudicavano per essere fin troppo sopra le righe. Di non facile carattere, era uno spirito libero, incompatibile con la concezione della donna della prima metà del novecento, secondo cui la figura femminile non doveva avere particolare autonomia e starsene a casa a cucinare e assistere i figli. Elena non era così. Certo, come da convenzione sociale anche lei mise al mondo dei figli, ma il suo spirito libertario era troppo forte da poter rinunciare al confronto, alcune volte aspro, con la gente del suo tempo.

Come sottolinea l’autore, Gaetano Petraglia, Elena di Porto può considerarsi una “proto-femminista” e fervente antifascista, che a causa della sua indole dovette subire torti incurabili e crudeli: dal confino nelle Marche e in Abruzzo, fino alla deportazione ad Auschwitz. Petraglia è stato abile a usare leggerezza e precisione nella stesura della sua indagine storica che ci consegna un affresco dell’antisemitismo di stato condotto dal Fascismo ben prima della cosiddetta influenza su Mussolini dell’alleanza con la Germania nazista: sodalizio politico che raggiunse il suo orrido apice con le Leggi Razziali del 1938 e con il Rastrellamento del Ghetto ebraico di Roma il 16 ottobre 1943.

La matta di piazza Giudia (Giuntina) è da leggere per una serie di motivi legati a una coscienza storica italiana che bisogna coltivare per tutti i 360 giorni l’anno, non soltanto durante il Giorno della memoria; il testo infatti ci dà anche una lezione non banale: tra gli eroi della patria ci sono state anche personalità emarginate e vilipese che di fronte al male non hanno girato la testa e hanno guardato negli occhi il demone che era arrivato per colpirli.

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