Un alveare per spiegare l’economia dello stato moderno

Recensione del saggio “La favola delle api” di Bernard Mandeville.

cover favola delle api

Non c’è metafora migliore per parlare della nostra società di quella concepita dal medico olandese Bernard Mandeville. Molti di voi probabilmente conosceranno già l’inventiva di questo scrittore, ma come si dice in questi casi, repetita iuvant. Mandeville nella sua La favola delle api mette a nudo l’ipocrisia e il moralismo dei pensatori del suo tempo. L’opera letteraria di Mandeville – una favoletta dalle sfumature politiche/satiriche – fu pubblicata nel 1724 e venne corredata anche da due saggi: il Saggio sulla carità e le scuole di carità, e Indagine sulla natura della società. Normalmente non mi sarebbe mai passato per l’anticamera del cervello di sperimentare questa tipologia di lettura. Vi sembrerà strano, ma il libro fa parte della collana Economica di Laterza. L’opera quindi è strettamente legata all’ambito economico: un mondo inesplorato dai miei studi prettamente umanistici. Ritornando però alla motivazione di lettura, ho deciso di impossessarmi del volume di Mandeville dopo alcune lezioni di un corso universitario a cui ho partecipato. Sono rimasto sbalordito dalla lucidità delle teorie sulla società moderna di Mandeville, che tutt’oggi mi sembrano ancora molto attuali. Dal Settecento al Duemila le cose non sono affatto cambiate in materia di vizi e virtù nel tessuto sociale delle grandi metropoli.

la favola delle api copertinaCercherò di fare una sintesi della storiella delle api – che si trova facilmente online (basta saper usare Google) – partendo dall’immagine di un alveare di api. In questo ambiente prosperano gli insetti che ogni giorno sono indaffarati a produrre miele. L’alveare è ovviamente la metafora di una città moderna, avvolta dal rumore dei suoi abitanti. Le api dell’alveare si lamentano dei vizi dei propri regnanti e chiedono alla divinità di distribuire a tutti le virtù. Giove accoglie queste suppliche e decide di mettere al bando il vizio. A poco a poco, le api che ricercano il lusso e l’esagerazione del gusto abbandonano l’alveare non potendo più soddisfare i propri capricci. Di conseguenza tutti gli insetti artigiani che producevano i beni di lusso per le api viziose chiudono le loro botteghe. In poco tempo l’alveare, essendosi impoverito e non avendo più le materie prime per auto-sostenersi, perde la propria frenesia e vitalità andando incontro all’estinzione. La società delle api muore perché i propri abitanti furono così stupidi da non riconoscere che il vizio in realtà portava dei benefici pubblici.

foto di Bernard Mandeville
Bernard Mandeville – medico scrittore

«La gente che rimprovera di continuo gli altri, leggendo questi versi imparerebbe a guardare in casa propria, ed esaminando la propria coscienza si vergognerebbe di protestare per ciò di cui è più o meno colpevole», si legge ne La favola delle api. Mandeville sostiene infatti che ognuno di noi si abbandoni ai vizi perché i vizi sono la solida base delle società moderne. In particolare, egli si concentra sul concetto di lusso. Per Mandeville, il lusso rappresenta tutto ciò che non è necessario alla sopravvivenza dell’essere umano. Gli uomini primitivi infatti si accontentavano delle ghiande, mentre quelli moderni, mossi dal proprio orgoglio, cercano in qualsiasi maniera di accrescere la propria condizione sociale, ottenendo maggiore benessere attraverso l’acquisizione di nuove comodità. Per soddisfare le proprie aspettative, l’uomo deve necessariamente vivere in società e acquisire determinati atteggiamenti per conseguire gli obiettivi desiderati. È dunque molto chiaro che, secondo Mandeville, in una società moderna, l’essere umano si muova in due dimensioni: una pubblica e una privata. Le due visioni chiaramente non coincidono. L’uomo orgoglioso fornisce ai suoi simili l’immagine a cui egli aspira e non mostra realmente le proprie intenzioni per preservare la coesistenza sociale. In poche parole s’imbriglia l’orgoglio per convenienza sociale. Se consideriamo il lato economico di questi atteggiamenti, vien da sé che colui che vuole accrescere la sua posizione sociale sarà costretto a consumare. Gli acquisti e gli agi ottenuti col denaro sono dunque un mezzo per scalare la società: “Emo ergo sum”, mi perdoneranno i latinisti per questa distorsione classicista. Questo meccanismo è indubbiamente un incentivo al progresso economico e al consolidarsi della ricchezza di una nazione.

Ho cercato di elaborare, con una sintesi stringente, il fulcro del pensiero di Mandeville. Ammettendo però di aver omesso importanti elementi che potrete riscontrare nel suo saggio edito da Laterza. Immagino che in questo momento vi starete chiedendo che cosa ne pensi della sua teoria. In linea di massima, il mio giudizio è molto positivo. Penso infatti che la maggior parte dei meccanismi sociali descritti da Mandeville sia ancora presente. Prendiamo ad esempio i booktuber. Sono convinto che molti di loro puntino alla fama nonostante i proclami sulla divulgazione culturale. Diciamoci la verità, a gran parte della gente piace l’approvazione altrui e pur di raggiungerla inventa i più strani stratagemmi da mettere in pratica, e non c’è niente di male perché è la società umana a creare questi appetiti. Prevenendo una legittima domanda, personalmente ho aperto questo blog per impratichirmi sulla comunicazione letteraria e non per inseguire la chimera della popolarità culturale. Considero il mio blog una sorta di laboratorio, aperto a tutti i lettori della rete, che sempre più spesso mi incoraggiano e mi supportano in questo difficile e complicato percorso. Perché la lettura è un’attività fatta di metodo e abnegazione. Un po’ come la vita monacale.

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