Cos’è per me un Salone del libro?

Ormai è tutto praticamente deciso. Tra aprile e maggio 2017 ci saranno due grandi fiere del libro: una a Milano e l’altra a Torino. Una follia? Proviamo a capirlo per poterci orientare meglio in questa infuocata settimana di polemiche.

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Ministro Franceschini

I contendenti sono due: il Ministero dei beni culturali e l’AIE (associazione italiana editori). Il primo soggetto, incarnato dai ministri Franceschini-Giannini e il sindaco di Torino Chiara Appendino, chiede che ci sia un progetto comune e che le due kermesse possano essere le due facce di uno stesso evento come accade per il festival musicale MiTo. Anche il popolare giornalista Severgnini, in un suo recente editoriale,  ha appoggiato questo progetto, avanzando anche una proposta per il nome: ToMi, una parola evocativa in capo editoriale.

Il secondo soggetto, come detto, rappresentato dall’AIE preme affinché Milano possa organizzare una fiera più legata ad un contesto commerciale. Si pensa a Francoforte, un appuntamento internazionale dove s’incontrano editori di mezzo mondo per scambiarsi i diritti di copyright.aie_logo

7169590712_d0c1b1e3ed_zTutte queste polemiche però non considerano un elemento: il lettore. Gli amanti del libro hanno davvero bisogno di due fiere dell’editoria? E questo è il modo giusto per promuovere la lettura sempre meno praticata dai cittadini italiani?

Personalmente auspico un’inversione di tendenza. Le strategie di sensibilizzazione devono rimanere indipendenti da un contesto commerciale per poter attirare nuovi lettori togliendo immediatamente il dubbio che tutto ciò  sia legato ad un imponente e manipolatorio progetto di marketing.

Libera lettura in libero stato.

2 pensieri riguardo “Cos’è per me un Salone del libro?”

  1. Interessante sintesi. Anch’io ho riflettuto sul senso di questa vicenda. Rigiro però la questione, visto che ti interessi professionalmente di editoria e poi illuminarmi. Gli amanti del libro hanno davvero bisogno di un salone del libro? E perché se il salone si tiene a Torino è sicuramente cultura e se si tiene a Milano è solo marketing manipolatorio? In cosa consiste la manipolazione? A Torino non erano presenti gli stessi editori che ora hanno scelto Milano? E perché in Italia non potrebbe esserci, anzi non dovrebbe esserci, un salone del libro tipo Francoforte?

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    1. Grazie per le domande. Ti rispondo in breve. Premetto una cosa però: in Italia si legge pochissimo e come avrai appreso in questi giorni dall’ultimo rapporto Istat c’è anche un’alta dispersione scolastica. Nonostante queste tendenze ogni anno vengono sfornati troppi titoli e molti di questi vanno al macero. Quando parlo di manipolazione intendo gli strumenti che gli editori – giustamente – mettono in campo per vendere i propri prodotti (vedi il caso degli youtubers): una casa editrice non ha di certo una mission pubblica come una biblioteca.
      Non ho mai amato il Salone di Torino proprio perché gli incontri non mi stimolavano abbastanza. La Fiera di Francoforte per ora non conosce grandi rivali dato che è sorta in Germania intorno al Quattrocento (in altre vesti) e dunque sarebbe un azzardo cercare di copiarla. Si poteva modificare Torino.
      La sintesi della mia riflessione: meglio puntare di più sulla creazione di progetti che stimolino la lettura invece che insistere sul commercio di essa. Se le persone leggono poi di conseguenza acquistano. Spero di averti risposto.

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